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Immagine del redattoreClaudio Carabelli

Cambiare prospettiva

Aggiornamento: 2 mar 2023

«Occorre persuadere molta gente che anche lo studio è un mestiere, e molto faticoso, con un suo speciale tirocinio, oltre che intellettuale, anche muscolare-nervoso: è un processo di adattamento, è un abito acquisito con lo sforzo, la noia e anche la sofferenza.

... Occorrerà resistere alla tendenza di render facile ciò che non può esserlo senza essere snaturato»

A. Gramsci


Sono stato insegnante e capisco che affrontare un nuovo argomento da punti di vista diversi può facilitarne la comprensione.

Sono le analogie, le similitudini, a volte i riferimenti a contesti anche diversi che aiutano a superare le difficoltà nell’acquisire e approfondire un nuovo concetto.

Questo è vero anche, forse soprattutto, nella Matematica.


Per esempio, consideriamo l'argomento dei numeri razionali (Insieme Q), quei numeri cioè che si scrivono sotto forma di frazione, il cui numeratore e denominatore sono numeri interi.

Alcune di queste frazioni erano già note dagli Egizi e il loro uso si è protratto nel tempo fino a quando nel 1585 venne pubblicato a Leida La disme (il decimo), ad opera di Simone Stevino.

Stevino propose un nuovo metodo di scrittura dei numeri frazionari, basato sull'uso delle frazioni decimali (per esempio 3/5 veniva tradotto in 6/10).

Stevino non fu in nessun senso l'inventore delle frazioni decimali, né fu il primo a farne un uso sistematico, ma questo sistema si diffuse fra la gente comune e persino fra i matematici pratici, solo dopo che Stevino si assunse il compito di spiegare il sistema decimale nella sua completezza.

Il modo in cui scriveva il numero decimale era particolare.

Per esempio il valore di pigreco veniva scritto così:


0 1 2 3 4 (racchiusi in un cerchietto e che rappresentano la potenza di dieci assunta come

divisore, posti al di sopra o dopo ciascuna cifra)

3 1 4 1 6.


Invece del termine "decimo", "centesimo" ... usava "primo", "secondo", ecc.

Già nel 1616 (Napier, Descriptio) le frazioni decimali comparivano scritte come lo sono oggi: la parte intera e frazionaria erano separate da una virgola.


Ma come definire meglio questa relazione fra interi?


Consideriamo il numero razionale 4/3, il cui valore decimale è 1,3..., che mette in relazione due numeri interi: il 4 e il 3.

Questo numero che richiama geometricamente un rettangolo rappresenta, per esempio, il rapporto fra la base e l’altezza di uno schermo televisivo o di un monitor (valore anche espresso sotto forma del rapporto 800/600, 1600/1200...).

Quando venne inventato il cinema, le pellicole venivano girate con questo formato (definito "quadrato", la base della proiezione era lunga 1,33 volte l'altezza), formato che fu abbandonato successivamente con l'invenzione del cinema sonoro, per il quale si rese necessario un formato più "rettangolare" che contenesse anche la traccia audio: il famoso 16/9.

Recentemente però è tornato di moda: guardate il trailer di The Artist (2011) del regista Michel Hazanavicius, girato con il formato 4:3.



Il riferimento alla relazione fra le due dimensioni di uno schermo è un buon inizio per comprendere meglio il significato del rapporto.


Possiamo fare ovviamente di più, magari riferendoci a esempi fisici (relazione fra velocità).

Immaginiamo un punto E che si muove su una circonferenza con velocità 4u e un punto F che si muove su un'altra circonferenza, con velocità 3

Nel tempo che il punto E percorre 4 volte la circonferenza, il punto F l'avrà percorsa 3 volte.

Ora possiamo mettere in relazione i due punti e vedere cosa accade, aiutandoci con il comando “lascia traccia”.

Ciò che viene visualizzato è esattamente il rapporto 4/3.

Clicca sull'immagine e tieni premuto per centrare le due circonferenze, poi attiva pulsante in basso a sinistra.


Ispirato da un interessante Ted di Roger Antonsen.


Se la memoria non vi ha abbandonato, dovreste ricordare dagli studi della 3^ media la formula per calcolare il volume della sfera: V = 4/3 pigreco r^3

Eccolo di nuovo il nostro numero razionale.

Come entra in questa formula?

Per rispondere dovremmo intervistare niente meno che Archimede: fu infatti il matematico siracusano a definire la formula del volume della sfera.

Nel suo trattato “Sulla sfera e il cilindro”, Archimede considera una sfera inscritta in un cilindro equilatero (l’altezza del cilindro corrisponde al suo diametro).

Probabilmente aveva riempito d’acqua il cilindro fino all’orlo e successivamente era stata immersa la sfera: il volume d’acqua tracimato dal cilindro corrisponde esattamente al volume della sfera.

Aveva così scoperto che questo volume equivale a 2/3 del volume del cilindro.



Seguiamo il successivo ragionamento.


V(sfera) = 2/3 V cilindro equilatero


V(sfera) = 2/3 Ab x h = 2/3 (pigreco r^2) x 2 r = 2/3 2 pigreco r^3 = 4/3 pigreco r^3


E voilà ecco la formula per calcolare il volume della sfera e soprattutto ecco spiegato il significato di 4/3.

Archimede fu giustamente orgoglioso per questa scoperta, a tal punto che, si narra, volle sulla propria tomba il simbolo del cilindro con la sfera inscritta.


Immaginiamo ora di avere una corda di chitarra lunga 1 m, tesa fra due punti, che percossa generi un DO.

Fissiamo la corda nel punto medio con un transetto (cavaliere) e facciamo vibrare una parte: otteniamo ancora un DO, ma un’ottava superiore.

Dividiamo la stessa corda in tre parti e fissiamola in corrispondenza dei 2/3: otteniamo l’intervallo consonante di quinta.

Procediamo ora a dividerla in quattro parti e fissiamola in corrispondenza dei 3/4: abbiamo ottenuto l’intervallo consonante di quarta.

A questo intervallo corrisponde esattamente un rapporto fra frequenze pari a 4/3!



Il monocordo di Pitagora



Cambiare prospettiva è necessario, ma senza banalizzare il concetto.




Bibliografia


Storia della Matematica Carl B. Boyer Oscar Mondadori, 1980



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