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Immagine del redattoreClaudio Carabelli

Divenire uomini è un’arte

Una perla a pochi chilometri da casa.

Sorpresa e stupore nel visitare a Montagnola (CH) il museo dedicato a Hermann

Hesse.

Qui nel Canton Ticino, dove visse per oltre 40 anni, trovò finalmente quella pace

cercata invano per decenni.


Hesse discorso in Italiano a Montagnola: la consegna della cittadinanza onoraria, il 1 luglio 1962


Qui scrisse i suoi capolavori, da Siddharta a Il gioco delle perle di vetro; qui dipinse la

natura che lo circondava, qui scrisse poesie.

Qui incontrò tante persone, ospitò e aiutò, anche finanziariamente, alcuni cittadini

invisi al nazismo; uno su tutti: Thomas Mann.

La visita al museo si completa con un itinerario che si snoda tra i luoghi percorsi

giornalmente dallo scrittore; mentre si cammina sulla dorsale della Collina d’oro lo

sguardo coglie nella sua pienezza la vallata del Ceresio e le montagne che la

circondano.

L’audioguida ti segue raccontando aneddoti sulla vita del premio Nobel, leggendo le

sue poesie, presentando brani da sceneggiati.

Camminiamo ascoltando Farfalla azzurra, Per Ninon, Transitorietà.

Sopraggiunti in prossimità del Grotto Cavicc, la nostra immaginazione non può fare a

meno di scorgere, nella piccola terrazza esterna, mentre sorseggiano del vino, Hesse e i suoi amici di lingua tedesca discutere di tolleranza e pacifismo.



Molti scrittori di fine Ottocento, Mann, Proust, lo stesso Hesse, hanno dedicato la

propria vita ad una ricerca continua.

Novalis scriveva che “divenire uomini è un’arte”, arte intesa non come creatività,

genio, ma appunto come una ricerca continua.

Ricerca della verità, di ciò che è l’essenza del mondo.

Dopo aver letto negli ultimi mesi oltre un migliaio delle loro pagine sono anche io

testimone che il loro argomento di fondo è sostanzialmente quello di chiedersi se la

vita deve essere vissuta in senso spirituale, non necessariamente religioso ma

coerente con valori morali che ci fanno da guida, oppure lasciare che siano i sensi, gli

istinti a guidarci: riflessione contro l’agire.

In una intervista rilasciata in tarda età Hesse dichiarava che tutta la sua letteratura

caratterizzata da contemplazione e riflessione era stata la risposta a quell’affanno del

fare che rende schiavi gli uomini e il mondo.



Questo dualismo, a ben vedere, ha origini antiche.

Platone nel Fedro ci racconta come l’anima, che in origine siede a banchetto con gli

dei, venga lasciata “cadere” nell’individuo appena creato.

L’anima è paragonata ad una biga alata, guidata da un auriga, e trainata da due

cavalli: uno bianco e l’altro nero.

Il cavallo bianco raffigura la spiritualita dell’anima e cerca di riportare tra gli dei la

biga; il cavallo nero invece cerca di sospingerla verso il mondo sensibile.

L’auriga è la ragione e il suo compito è quello di guidare.

Negli ultimi due capitoli del Narciso e Boccadoro Hesse ci confida l’insoddisfazione di

chi ha guidato la propria vita facendo ricorso solo allo spirito o solo ai sensi.

Forse entrambi possono trovare la pace perché hanno imparato a vivere secondo la

loro natura e in essa hanno trovato la piena realizzazione: hanno cioè compreso

l’essenza del mondo.

Forse ciascuno di noi dovrebbe essere un po’ Narciso e un po’ Boccadoro.

Forse è più immediato per Narciso convertirsi in Boccadoro: molto più problematico

l’opposto.

Forse questo dialogo deve essere contestuale e sincrono.

Troppo semplice, e comodo, ovviamente, attendere la vecchiaia per riscoprirsi

Narciso.

Però se la memoria ce lo consente possiamo fare una ricerca del tempo perduto e

magari accontentarsi del tempo ritrovato e scoprire che oggi si potrebbe vivere anche

senza comunicare.

Sarebbe il trionfo di Narciso.

E la sconfitta di Boccadoro.



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