A volte l’archeologia industriale, un luogo inospitale o semplicemente non riconosciuto, ci provoca angoscia e nella angoscia ci si sente spaesati. Non è il mio caso quando cammino nell’Idroscalo militare che non c’è più. Non è il mio caso nè, credo, quello di centinaia di altre persone che sono nate e cresciute a Sesto Calende, persone che probabilmente hanno avuto un padre (o una madre), un parente o un amico che abbia lavorato in quegli anni nella SIAI MARCHETTI. Camminando negli scheletri degli hangar, osservando le capriate ferite dal tempo, sostando incredulo di fronte alla maestosa torre acquedotto, scoprendo un vetusto cancello d’accesso, abbandonato a se stesso, ma che orgogliosamente ancora mostra quelle due lettere, “SM”, scrutando gli interni di quella che fu la Palazzina degli Ufficiali, non mi sento spaesato. Questo luogo fa parte di molti di noi; c’è l’oggi, ma c’è anche la consapevolezza di un passato a cui dobbiamo molto: la realtà industriale sestese proviene anche da qui. Una parte politica di questo passato si è macchiata con la responsabilità di una delle tragedie più vili che la storia abbia mai vissuto e questo non va mai dimenticato. Le vicende che hanno coinvolto uomini e aerei dal 1915 al 1945, riviste con gli occhi di oggi, dal punto di vista aeronautico, della genialità dei progettisti, dell'audacia dei piloti collaudatori, delle maestranze tutte che hanno collaborato a questa impresa, non possono che apparirci prodigiose. Claudio Carabelli
A Sesto Calende, da una costola della falegnameria dei F.lli Capé, nel 1915 nacque la SIAI (Società idrovolanti Alta Italia) che ben presto, grazie all’arrivo nel 1921 del progettista ing. Alessandro Marchetti, divenne una delle maggiori aziende aeronautiche del Paese in grado di dare lavoro a 11 mila persone.
L'IDROVOLANTE DA SOGNO: SAVOIA MARCHETTI S. 55
“Il progetto dell'S. 55, fu da me iniziato nel 1922 per adire al Concorso bandito tra i costruttori di idrovolanti dal Commissariato di Aeronautica dell'epoca su questo tema: « Idrovolante d'alto mare lancia siluri... L'S. 55 prototipo usci in volo nel 1923 dopo un anno di lavoro e debuttò felicemente dando smentita ad un'infatuazione di pessimismi che con carità del tutto gratuita, me lo profetavano e me lo compiangevano come nato morto.”
A. Marchetti
Intervista all’ing. Marchetti, rilasciata in occasione della trasvolata atlantica del Decennale (1933), alla rivista Ali d’Italia sull’Atlantico, che parla con giusto orgoglio della sua creatura più importante: l’S.M. 55 X.
Ing. Alessandro Marchetti
NOTE TECNICHE
Nato da un’idea originale dell’Ing. Alessandro Marchetti, coadiuvato dal giovanissimo ingegnere Pier Luigi Torre, a seguito di una richiesta militare per un idrobombardiere/aerosilurante d’alto mare emessa nei primissimi anni ’20, accorpava intuizioni aerodinamiche di velivolo “tutt’ala” con una disposizione dei due scafi in una innovativa posizione catamarana, sia per una ottimale distribuzione dei carichi bellici e aerodinamici, sia per una migliore tenuta delle onde lunghe atlantiche, parte delle specifiche di base del progetto. I due motori montati sul piano di simmetria del velivolo in configurazione trattiva-propulsiva per evitare eventuali imbardate in caso di malfunzionamenti, i compensati lavoranti sulle superfici delle ali nonché uno stabilizzatore interamente mobile per assolvere le necessità di trimmaggio sul piano orizzontale erano solo alcuni accorgimenti assolutamente innovativi per l’epoca.
Pilota collaudatore fu Alessandro Passaleva.
CENTO ANNI FA LA REGIA AERONAUTICA
Cento anni fa, esattamente il 28 marzo 1923, venne costituita la Regia Aeronautica che comprendeva tutte le forze aeree militari del Regno e delle Colonie.
E' nel corso di questo anno che viene realizzato il primo prototipo del Savoia Marchetti S.55.
S.M. 55 "ALCIONE" DI EUGENIO CASAGRANDE: DESTINAZIONE BUENOS AIRES
L’anno 1925 registra un fatto importante che riveste un carattere squisitamente politico.
A Sant'Anna è pronto l'S.M. 55 riservato all'equipaggio composto dall'On. Eugenio Casagrande, dal pilota Rainucci, dal motorista Zacchetti e dal radiotelegrafista Garello.
Il progetto prevede la trasvolata dell'Atlantico meridionale.
E’ il giorno 26 ottobre 1925 e l’onore di spezzare la bottiglia di champagne sul mozzo dell’elica viene riservato al capo del Governo, on. Mussolini, giunto in mattinata, in forma privata, accompagnato dal generale Bonzani, dal marchese Paolucci e dalla figlia Edda.
Al velivolo viene imposto il nome “Alcione”.
La destinazione del raid è Buenos Aires e ha una duplice finalità: mantenere vivi i rapporti tra la madre patria e le comunità italiane all’estero e promuovere i prodotti della industria aeronautica italiana.
La fortuna non arride però all’”Alcione”; dopo aver compiute le tappe Sesto Calende, Genova, Barcellona, Cartagena e Gibilterra, l’aereo è costretto ad un ammaraggio di emergenza nei pressi di Casablanca.
Rimorchiato nel porto, la notte del 26 dicembre viene danneggiato da un uragano, costringendo il pilota Casagrande all’abbandono dell’impresa.
S.M. 55 "SANTA MARIA" DI DE PINEDO E DEL PRETE "POST FATA RESURGO"
"Portare il saluto della Madre Patria agli Italiani che vivono sull’altra sponda dell’oceano e mostrare al mondo i progressi compiuti nelle costruzioni aeronautiche italiane”.
Questo lo scopo del rinnovato progetto Circuito dell’Atlantico, per il quale viene modificato l’S.M. 55 (che l’anno precedente aveva conquistato ben 14 primati mondiali (altezza, carico e velocità), con motore Isotta Fraschini “Asso 500”.
Primo pilota De Pinedo, secondo e navigatore Carlo Del Prete, motorista Vitale Zacchetti: questo l’equipaggio.
Il 30 gennaio 1927 la SIAI MARCHETTI è in grado di consegnare l’idrovolante che viene battezzato dal parroco di Sesto, Federico Berera, con il nome di “Santa Maria”: da Sesto Calende viene trasferito a Cagliari Elmas, da dove inizia il grande volo il 13 del mese successivo.
La prima parte del raid si conclude il 2 marzo a Buenos Aires, raggiunta in 14 tappe, percorrendo 13 620 km, la seconda, di 15 100 km, finisce a Roosevelt Lake in modo drammatico poiché, durante un rifornimento il carburante prende fuoco e coinvolge nel rogo anche il Santa Maria, distruggendolo.
E’ il 6 aprile 1927: dieci giorni dopo all’Idroscalo di Sant’Anna viene battezzato il “Santa Maria 2” (sul bordo centrale dell’ala era stata posta la scritta “Post fata resurgo”!).
Stivato nel transatlantico Duilio, giunge a New York il 30 aprile e montato con rapidità è in grado di proseguire per la terza parte del raid che termina a Roma il 16 giugno 1927: ha percorso 43 820 km volando per 179 ore e 40 minuti.
Il trionfo attende De Pinedo e Del Prete.
SAVOIA MARCHETTI S.55 "JAHU'"
Il pilota brasiliano Joao Ribeiro de Barros venne in Italia nel corso del 1926 e acquistò l'S.55 "Alcione" di Casagrande, che era stato utilizzato per compiere la trasvolata atlantica nel Sud atlantico l'anno precedente.
Dopo averlo revisionato, migliorandone la velocità e l'autonomia, e rinominatolo "Jahú", ripartì in volo nell'ottobre dello stesso anno; ma una serie di incidenti che riguardarono sia lo scafo che il motore lo costrinse a rimanere a terra (Capo Verde) per diversi mesi. Ripartì nel corso del maggio successivo riuscendo finalmente nell'impresa di attraversare l'Atlantico.
"Jahú" è l'unico esemplare del S.M. 55 sopravvissuto.
L’idrovolante è esposto al Museu TAM di San Paolo (Br).
25 maggio 1928 LA TENDA ROSSA: IL SOGNO CHE SI INFRANGE
Dopo aver attraversato il Polo Nord il dirigibile “Italia”, comandato dal generale Umberto Nobile, nel viaggio di ritorno, investito da forte raffiche di bufera, appesantito da formazioni di ghiaccio ed insidiato da probabili fughe di gas, si infrange contro il pack.
Il 3 giugno un radioamatore di Arcangelo, certo Nicola Schmidt, riesce ad intercettare per primo un frammento dell’ S.O.S. lanciato dalla "Tenda Rossa”.
Alla febbrile attività di ricerca e di soccorso, con grande spirito di solidarietà internazionale, partecipano Svizzera, Finlandia, Norvegia, Russia e Francia.
Informato dell'incidente del dirigibile Italia, anche Roald Amundsen andò generosamente in soccorso dell'esploratore italiano Umberto Nobile e del suo equipaggio, nonostante avesse avuto con lui forti discussioni riguardo ai meriti della precedente avventura aeronautica con il dirigibile N1-Norge ("Norvegia"), ma l'idrovolante francese Latham 47 su cui salì scomparve in mare senza mai essere ritrovato, nonostante varie ricerche.
Giunto alla Baia del Re il giorno 18, al secondo tentativo, la mattinata del 20 individua i superstiti; ritorna sulla “Tenda Rossa” anche il 22 e complessivamente riesce a lanciare 300 kg di viveri, di indumenti ed equipaggiamento vario.
Con il tempestivo intervento, Umberto Maddalena ha ridato fiducia ai naufraghi che potranno così resistere fino al 12 luglio, giorno nel quale furono salvati dal rompighiaccio russo “Krassin”.
Il 31 agosto l’S.M.55 I-SAAT rientra a Sesto Calende dopo aver percorso 18 000 km in 120 ore di volo, effettuando per primo la traversata della Lapponia e del mare di Barents.
LE CROCIERE COLLETTIVE
Il 1928 fu un anno di particolare interesse per il mondo aeronautico in quanto si assistette ad una continua e progressiva evoluzione nell’impegno tecnico delle grandi nazioni; parallelamente anche per l’aviazione italiana si registrò un progresso sempre più deciso.
Nell’anno precedente si erano tentate ben 22 trasvolate dell’Atlantico (sei con esito positivo).
L’evoluzione in atto da parte italiana trasse la sua origine dall’indirizzo politico-propagandistico impresso dal Sottosegretario di Stato per l’Aeronautica.
Veniva così creata la premessa per una serie di grossi impegni che dovevano trovare il loro epilogo nelle grandi trasvolate degli anni 1929 (Crociera del Mediterraneo orientale), 1930-31 (Crociera in sud America), 1933 (Crociera del Decennale).
1^ CROCIERA ATLANTICA VERSO IL BRASILE
Nel 1930, facendo seguito alle proprie affermazioni, Italo Balbo, dopo il successo delle due crociere “di massa” nel Mediterraneo, progetta e guida la 1^ Crociera atlantica verso il Brasile con 14 idrovolanti S. M. 55.
La Crociera fu funestata da diversi incidenti mortali che coinvolsero tre idrovolanti.
1933 CROCIERA DEL DECENNALE S.M. 55 X
La "X" della versione si riferisce appunto al "Decennale" della Regia Aeronautica.
Adottavano motori Isotta Fraschini Asso 750 da 930 CV con eliche tripala metalliche a passo variabile e con un nuovo disegno dei radiatori che conferiva alla gondola un miglior profilo aerodinamico. Le stesse eliche vennero dotate di ogive e l'aerodinamica dell'intero velivolo venne rivista: nonostante l'ulteriore allargamento degli scafi, la velocità massima riusciva ad arrivare a 280 km/h. Le ulteriori modifiche rispetto agli S. 55 vedevano la capacità di carburante ridotta a 5 070 litri in 16 serbatoi (contro i 5.420 degli 'A').
Notevoli miglioramenti anche nella strumentazione: bussola magnetica, variometro, virosbandometro e anemometro erano rinuiti nel complesso Nistri-Biseo. All'orizzonte artificiale ed al girodirezionale Sperry, si accompagnava un "tradizionale" sestante Salmoiraghi. L'apparato ricetrasmittente era completato da un radiogoniometro Telefunken.
Fu in seguito armato e utilizzato come bombardiere e aereo da combattimento: ne furono costruiti 25 esemplari.
Con la crociera del Decennale dell’istituzione della Regia Aeronautica si concluse l’epopea delle grandi Crociere che dimostrarono quanto gli elementi necessari per il successo di tali imprese fossero la minuziosa preparazione tecnica e l’addestramento degli equipaggi, la scrupolosa pianificazione della navigazione aerea e l’accurata organizzazione logistica.
IL TRAMONTO DEGLI IDROVOLANTI
La SIAI MARCHETTI aveva un piano ben preciso per quanto concerne il complesso dei suoi cantieri; ormai sta tramontando l’epoca degli idrovolanti e l’avvento dei terrestri in veste di assoluti protagonisti di un prossimo futuro è già quasi una realtà e ciò richiede adeguati provvedimenti.
Dopo il glorioso S.M. 55 nuovi aerei escono dai cantieri di Sesto Calende per conquistare le ambitissime forniture delle compagnie di navigazione e le commesse del Ministero dell’Aeronautica.
Nel volgere di pochi anni diventano realtà altri velivoli fra i quali l’S. 66, ultimo idrovolante commerciale della casa sestese ed i terrestri S. 79 militare e l'S. 83 civile.
SIPARIO
Ex Idroscalo militare di Sant'Anna, ora Parco Europa di Sesto Calende
L’Ing. Alessandro Marchetti, lasciata la SIAI nel dicembre 1960 per limiti di età, continua a risiedere a Sesto Calende, centro al quale è legato da vero affetto.
Muore il 5 dicembre 1966: ha 82 anni.
I funerali si svolgono a Sesto partendo dagli stabilimenti della SIAI: operai, tecnici, collaboratori, amici ed autorità lo accompagnano per l’ultimo viaggio mentre fiori vengono lanciati da aerei.
E’ l’addio di tutta la popolazione ad un uomo ammirato e rispettato per il suo genio e la sua forte personalità: il suo ricordo è ancora vivo nella mente e nel cuore degli anziani lavoratori della SIAI Marchetti.
SPOON RIVER DELL'ARIA
Dormono sulla collina Carlo Del Prete, Francesco De Pinedo, Arturo Ferrarin, Umberto Maddalena, Mario Calderara. E ancora Alessandro Marchetti, Mario De Bernardi, Mario Stoppani. Tutti piloti, molti pionieri, qualcuno eroe.
Dormono sulla collina come i personaggi di una Spoon River dell’aria, gli appassionati del volo li considerano reliquie di un passato glorioso, i più ne ignorano le mirabolanti imprese e a salvarli dall’oblio provvede, di tanto in tanto, l’intitolazione di un aeroclub o la biografia scritta da qualche studioso dell’aviazione.
Le industrie che fabbricano aeroplani, ieri come oggi, coccolano questi uomini con le ali, sicure che alle loro conquiste è legato lo sviluppo delle tecnologie.
La SIAI ha fatto parte di questa storia.
In quegli anni Sesto Calende, l’idroscalo di Sant’Anna, sono stati “una sorta di campus universitario per progettisti geniali e aviatori intrepidi”.
Gianni Sparta
Bibliografia
Sesto Calende "Porto di cielo" Elso Varalli A cura del Gruppo Lavoratori Anziani SIAI MARCHETTI, 1979
Vivere d'aria Gianni Sparta Macchioni Editore
Replica55 Progettare, costruire e far volare la replica fedele dell’aereo SIAI MARCHETTI S-55X
SIAI MARCHETTI (Sesto Calende): una fabbrica, il suo territorio Claudio Carabelli
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