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Immagine del redattoreClaudio Carabelli

Il genio della matematica riposa a Verbania





"Esistono (sempre) numeri primi in numero maggiore di quanti numeri primi si voglia proporre"

Euclide Libro IX, proposizione 20


Questa affermazione è una delle più celebri proposizioni degli Elementi e contiene la dimostrazione che la serie dei numeri primi è infinita:

"... qualunque insieme di numeri primi ci piaccia di fissare, esiste sempre almeno un altro numero primo non compreso in quell'insieme: cioè i numeri primi sono sempre di più di qualunque quantità prefissata di numeri primi".


Tra 1 e 10 ci sono 5 numeri primi, tra 10 e 100 ve ne sono 21.

Tra 9 999 900 e 10 000 000 ve ne sono 9 e tra 10 000 000 10 000 100 ce ne sono 3.

Questo fatto è noto come la legge della rarefazione dei numeri primi.

Secondo questa legge si può pensare che i numeri primi siano in numero finito, ma non è così.


Dimostrazione del teorema euclideo dell'infinità dei numeri primi



Un esempio pratico che illustra le due possibilità.

1 caso

Dato l'insieme a i cui elementi sono: 2, 3, 7

(2*3*7) + 1 = 43

43 è un numero primo e di conseguenza i numeri primi dell'insieme a non sono gli unici numeri primi.

2 caso

Dato l'insieme b i cui elementi sono 5, 7, 11

(5*7*11) + 1 = 386

386 non è un numero primo, quindi oltre che per sé stesso e per l'unità è divisibile anche per un altro numero primo, per esempio per 2 e per 193.

Questi numeri non possono però essere compresi tra gli elementi di b, perchè sarebbero anche divisori del prodotto dei numeri dell'insieme stesso e del numero (5*7*11) + 1.

I nuovi divisori, 2 e 193, incrementano l'insieme b considerato e confermano l'affermazione di Euclide.


Altre dimostrazioni di questo teorema furono riportate nei secoli successivi: per esempio quelle di Eulero e Goldbach.


Crittografia


La cifratura non è un processo recente, famoso è il cifrario usato da Cesare e descritto da Svetonio nel suo Le vite di dodici Cesari.


"... Rimangono anche le sue lettere a Cicerone e quelle ai familiari; quando doveva fare qualche comunicazione segreta, si serviva di segni convenzionali, vale a dire accostava le lettere in un ordine tale da non significare niente: se si voleva scoprire il senso e decifrare lo scritto bisognava sostituire ogni lettera con la terza che la seguiva nell'alfabeto, ad esempio la A con la D, e così via".


La crittografia è la base della protezione dei dati ed il modo più importante per garantire che le informazioni non possano essere rubate e lette. Sappiamo che ormai Internet è il mezzo più diffuso per veicolare informazioni ed è evidente quanto spesso si sottovalutano i rischi di un suo uso errato

Si tratta della conversione dei dati da un formato leggibile in un formato codificato che può essere letto o elaborato solo dopo che è stato decrittato.

Per ottenere questa conversione si fa uso di chiavi (algoritmi matematici).

L'operazione di derivare la chiave è troppo complessa per venire eseguita in pratica, anche su un calcolatore molto potente; infatti si sfrutta il fatto che è facile calcolare il prodotto di due numeri primi anche molto grandi, ma dato un numero è molto più difficile scomporlo, cioè trovare i numeri primi il cui prodotto è proprio il numero dato.

Scomporre oggi un numero di 300 cifre utilizzando i più potenti calcolatori significa attendersi il risultato dopo ... 1000 anni!


Il genio di Riemann




Per quanto ne sappiamo oggi, non esiste la possibilità matematica di prevedere la sequenza dei numeri primi.

Non esiste una formula per generare i numeri primi.


"Nel corso dei secoli molti matematici e fisici hanno elaborato teorie che dimostrassero l'esistenza o meno di un ordine nella sequenza, apparentemente caotica, di questi particolari numeri o la possibilità di trovare una formula o una regola che permettesse di stabilire qual è, per esempio, l'ennesimo numero primo; qualsiasi storia sui numeri primi non può non ricordare il contributo di Bernhard Riemann, matematico e fisico tedesco nato a Breselenz il 17 settembre 1826 e morto a Selasca il 20 luglio 1866.

Egli elaborò un'ipotesi, nota appunto come ipotesi di Riemann, che Hilbert, uno dei più grandi matematici dell'epoca, inserì all'ottavo posto tra i famosi ventitré problemi (tra questi anche il teorema di Fermat), che presentò, nell'agosto del 1900, al Congresso internazionale dei matematici alla Sorbona di Parigi.

L'ipotesi non fu né dimostrata, né confutata per tutto il ventesimo secolo ed è ora considerata tra i sette più difficili problemi del nuovo millennio: nel 2000 il Clay Mathematics Institute ha offerto un premio di un milione di dollari a chi riuscirà a provarli, ma stranamente non ha offerto nessun premio a chi ne dimostrasse la falsità".

Maria Bovetti


Stabilire una regola matematica che dimostri l'esistenza o meno di una logica nella distribuzione dei numeri primi potrebbe avere importanti ricadute sulle applicazioni informatiche odierne e future.

L'eventuale conoscenza della distribuzione di tale sequenza potrebbe permettere quindi di facilitare la fattorizzazione anche di numeri molto grandi: si renderebbe perciò necessario trovare altre tecniche di sicurezza.


Riemann elaborò strumenti molto sofisticati per capire come si distribuiscono i numeri primi e per questo ipotizzo’ una particolare funzione detta ” Zeta di Riemann”. Forse, oltre a enunciare l’ipotesi, egli trovò anche la soluzione, ma la sua domestica, dopo la morte, brucio’ con troppa fretta gli appunti e i diari con i suoi ultimi risultati, non ancora pubblicati.

Nel 1859 pubblicò un saggio di una decina di pagine sulle note dell'Accademia delle Scienze prussiana dal titolo Ueber die Anzahl Der Primzahlen unter einer gegebenen Grosse, l'unico che Riemann scrisse sulla teoria dei numeri, in esso era contenuta tra l'altro quella che è oggi nota come l'ipotesi di Riemann.

Riemann insegnò a Gottinga, alla cattedra di Matematica, che fu di Gauss, e raggiunto un certo benessere pensò di prendere moglie.

Si sposò il 3 giugno del 1862 con Elise Koch, amica delle sue sorelle. Ma nel luglio dello stesso anno si ammalò di pleurite che degenerò in tubercolosi. Il governo gli passò un sussidio che l’aiutò a trascorrere l’inverno in Italia, dalla Sicilia a Napoli, a Roma, a Genova.

Tornò in Italia nell’agosto del 1863 e soggiornò a Pisa dove nacque sua figlia Ida.

La salute non migliorò; anzi le cose si complicarono. A nulla valsero i soggiorni a Livorno e a Genova e decise di rientrare a casa. Là riprese il lavoro nei momenti in cui le forze lo reggevano. Il suo amico Dedekind scrisse: «I viaggi che Riemann fece in Italia nonostante il triste motivo che li causarono, costituirono per lui un momento affascinante: non solo per lo splendore del Paese, della natura, dell’arte, eccetera, che gli procurarono felicità, ma per la grande libertà di cui ha potuto godere, senza le costrizioni degli orari di insegnamento. In aggiunta al benefico effetto del clima, tutto questo contribuì a migliorare notevolmente il suo stato di salute».

In un estremo desiderio di guarire, nel giugno del 1866 tornò in Italia, sul lago Maggiore: era il suo terzo viaggio in Italia. Dimorò per qualche tempo nel Comune di Arizzano, sopra Intra, con la moglie Elise, ospiti di amici tedeschi. Il 19 luglio di quello stesso anno scese a Biganzolo-Selasca (sempre nel Comune di Arizzano, poi Comune di Intra e ora di Verbania), in una villa presa in affitto. Si tratta della Villa Pisoni successivamente acquistata e ricostruita dalla famiglia Zust. Ma il mattino del giorno seguente alle ore otto cessò di vivere.

Dedekind così descrive la morte dell’amico: «Le forze si affievolivano rapidamente: sentiva che la sua fine era prossima. Il giorno prima di morire lavorò sotto una pianta di fico, felice, dinnanzi al meraviglioso paesaggio che lo circondava [...] La sua vita declinava gradualmente senza lotta e senza agonia mortale; sembrava che egli seguisse con interesse la separazione dell’anima dal corpo. Mentre sua moglie gli porgeva pane e vino, le disse: “bacia la nostra bimba”. Essa tenendogli le mani tra le sue ripeté per lui il Padre Nostro quando non fu più in grado di parlare. Alle parole “perdona i nostri debiti” volse lo sguardo in alto con devozione; essa sentì le mani di lui diventare fredde e dopo qualche sospiro il suo nobile e ardente cuore cessò di battere. Quell’anima nata candida nella casa di suo padre, si mantenne tale tutta la vita e servì fedelmente il suo Dio come fece suo padre, anche se in modo diverso».

Pietro Monti


Della sua tomba resta oggi solo una lapide posta all'ingresso del cimitero di Selasca (Verbania).

La dedica è stata voluta dai suoi amici matematici italiani, tra cui Eugenio Beltrami che aveva conosciuto Riemann a Pisa.


«Qui riposa in Dio Georg Friedrich Bernhard Riemann, professore a Gottinga, nato a Breselenz il 17 settembre 1826. Morto a Selasca il 20 luglio 1866. Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio.»




Bibliografia



Elementi Euclide Classici UTET



Storia della matematica Carl B. Boyer 1980 Oscar Mondadori









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