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Immagine del redattoreClaudio Carabelli

Quando l'arte ispira la matematica


Il grande dodecaedro è uno dei quattro poliedri regolari, non convessi, di Keplero-Poinsot.

Il grande dodecaedro è duale (Il duale di un poliedro è il poliedro avente per spigoli i segmenti congiungenti centri di facce adiacenti: ottaedro duale del cubo e viceversa) con il piccolo dodecaedro stellato

E' costituito da 12 facce pentagonali, 30 spigoli e 12 vertici.


I poliedri stellati (piccolo e grande dodecaedro stellato) sono riferiti a Keplero: sono infatti studiati e raffigurati nel cap. II dell'Harmonices mundis (1619).

Scriveva Keplero: "Addi possunt congruentiis perfectissimis regularibus duae etiam aliae congruentiae stellarum duodecim pentagonicarum..." (alle congruenze perfettissime e regolari (riferimento ai 5 solidi platonici, ndr) si possono aggiungere anche altre due congruenze di dodici stelle pentagonali).


Il grande dodecaedro e grande icosaedro invece sono poliedri riconducibili al matematico francese Louis Poinsot (1809).



Ma circa due secoli prima della pubblicazione dell'Harmonices mundis, tra il 1425 e il 1431, probabilmente ad opera di Paolo Uccello, veniva riprodotto il piccolo dodecaedro stellato in un mosaico nel pavimento della Basilica di San Marco a Venezia.



Perché un dodecaedro nella Basilica di Venezia?

Secondo lo storico Giuseppe Flavio (I secolo d.C.) la città di Venezia fu fondata da un popolo proveniente dall'Anatolia: gli Heneti della Paflagonia.

Questo popolo adorava la dea Reitia, talvolta identificata anche con il pianeta Venere.




Durante il ciclo di otto anni terrestri vi sono cinque congiunzioni tra Sole, Venere e Terra. Se si congiungono con segmenti di retta le posizioni zodiacali in cui si verificano successivamente queste cinque congiunzioni, si ottiene un pentagramma inscritto nel cerchio dello Zodiaco, detto "Pentagramma di Venere" (Wikipedia).

Il dodecaedro e le sue facce pentagonali sembrano proprio richiamarsi al percorso di Venere nello spazio.

Veneto dal latino Venus?

Se fosse così, allora Venere sarebbe un antico simbolo di Venezia.

Venezia sorge dalle acque proprio come Venere...




Negli stessi anni della presenza di Paolo Uccello a Venezia, il Masaccio dipingeva la Trinità in Santa Maria Novella a Firenze; si tratta di uno dei primi esempi di corretta rappresentazione prospettica: lo studio della matematica, con le sue leggi, è considerato basilare per la rappresentazione di uno spazio tridimensionale su un supporto bidimensionale.


Dopo Paolo Uccello e Masaccio: da Piero della Francesca a Luca Pacioli


Piero della Francesca è autore del De quinque corporibus regolaribus (1482/1492):

"L’artista era consapevole che esisteva un profondo legame tra i cinque corpi regolari e la prospettiva, la tecnica che, come si è detto, permette la raffigurazione dello spazio tridimensionale su un supporto bidimensionale. Esercitarsi sui solidi regolari voleva dire intanto imparare il disegno prospettico, fondamentale per una rappresentazione dello spazio su base scientifica: e infatti, il libro è pieno di esercizi matematici e geometrici, alcuni dei quali anche piuttosto astratti, che aiutano l’artista che lo legge a far pratica di disegno, a imparare a conoscere lo spazio. Rappresentare uno spazio tridimensionale, per Piero, presuppone che gli oggetti che lo compongono vengano studiati in modo analitico, nelle loro forme, nella loro posizione rispetto al luogo che li contiene, nel loro rapporto con gli altri oggetti. Lo studio dei poliedri regolari non è che un modo per approcciarsi a quello che sarà, poi, lo studio di forme più complesse (come la figura umana, probabilmente la più complicata da rappresentare in prospettiva)". Federico Giannini


Nel 1509 venne pubblicato a Venezia il De divina proportione di fra Luca Pacioli: comprendeva 3 volumi, il terzo del quale era la traduzione letterale del testo latino di Piero della Francesca.

Scopo dichiarato del testo era contribuire a dare un solido fondamento matematico al lavoro creativo dei pittori. Fin dalle prime pagine si manifesta il desiderio di rivelare all'artista, con il rapporto aureo, il "segreto" dell'armonia delle forme visibili.

Pacioli probabilmente chiese la collaborazione di Leonardo per l'illustrazione dei solidi, raffigurati sia pieni sia in forma di intelaiatura.



La "somma via" che condurrà a Keplero era stata tracciata.

Ma prima di Paolo Uccello?

Vi sono nella storia della matematica o dell'arte testi che descrivono e illustrano poliedri regolari oltre ai 5 solidi platonici?

Per ora non possediamo alcun documento che lo confermi: il dubbio che Paolo Uccello possa avere avuto dei predecessori persiste.


Scrive Giorgio Vasari nel suo trattato Le vite dei più illustri pittori, scultori e architettori (1568): "Paulo Uccello sarebbe stato il più leggiadro e capriccioso ingegno che avesse avuto, da Giotto in qua, l’arte della pittura se egli si fusse affaticato tanto nelle figure et animali, quanto egli si affaticò e perse tempo nelle cose di prospettiva; le quali ancor che sieno ingegnose e belle, chi le segue troppo fuor di misura, getta il tempo dietro al tempo, affatica la natura, e l’ingegno empie di difficoltà..."


A volte, perder tempo...













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