Tutti noi conosciamo il piano cartesiano e le coordinate cartesiane fin da quando, da preadolescenti, giocavamo a battaglia navale.
Tutti noi nel nostro percorso scolastico abbiamo incontrato qualcuno, maestra/o o prof.ssa/prof, che ci ha spiegato come quell'aggettivo derivi dal suo "ideatore": Renè Descartes, latinizzato in Cartesius e italianizzato in Cartesio.
Ma la storia della Matematica ci racconta, documentandola, un'altra verità.
Claudio Tolomeo, vissuto nel II secolo d.C., scrisse la Geografia introducendo per la prima volta latitudine e longitudine per individuare la posizione di oltre 8 000 luoghi sulla superficie terrestre.
La latitudine era misurata a partire dall'Equatore, come si fa anche oggi. Quanto alle longitudini, Tolomeo fissò il meridiano di longitudine 0 in corrispondenza al territorio più occidentale di cui fosse a conoscenza, le isole Fortunate, che sono state identificate con le attuali isole Canarie (https://it.wikipedia.org/wiki/Claudio_Tolomeo).
Tuttavia in termini più rigorosamente matematici "tracciare una figura o un grafico del modo in cui variano le cose" è stata una brillante idea proposta nel corso del XIV secolo da Nicola d'Oresme.
Celebrato come filosofo "des meilleurs qui fust depuis d’Aristote", Oresme scrisse di astronomia, di matematica, della scienza del moto, di economia. Dal 1377 fu vescovo di Lisieux.
Fu autore di diversi testi, fra i quali il Tractatus de configurationibus qualitatum et motuum e il Tractatus de latitudinibus formarum (compendio del precedente testo, forse però scritto da un allievo di Oresme), nei quali viene presentato l'argomento della rappresentazione grafica delle funzioni.
“Omnis res mensurabilis exceptis numeris ymaginatur ad modum quantitatis continue"
“Ogni cosa misurabile, eccettuati i numeri, può essere immaginata come una quantità continua. Per misurarla è quindi necessario immaginare punti, linee e superfici o le loro proprietà, nelle quali, come vuole il Filosofo, si trova originariamente la misura o proporzione. Perciò ogni intensione acquistabile successivamente dev’essere raffigurata (ymaginanda est) attraverso una linea retta innalzata perpendicolarmente sopra un qualche punto dello spazio o del soggetto di quella cosa intensibile, come per esempio, una qualità.
L’estensione della qualità si chiami dunque in nome di Dio la sua longitudine e l’intensione della qualità la sua latitudine o altezza”.
Così scrive Oresme nel prima parte del suo manoscritto, datato verso il 1370, illustrando di fatto il suo sistema: poiché le cose naturali sono continue, possiamo opportunamente applicare le quantità continue della geometria alla rappresentazione delle relazioni tra estensione e intensione che esistono tra tali cose naturali.
L’argomento del manoscritto è quindi la rappresentazione per mezzo di figure, ossia la rappresentazione geometrica, di variazioni nelle qualità (esempio: la variazione della velocità nel moto).
Tuttavia tali rappresentazioni sono, per Oresme, “ymaginationes”: danno una immagine figurata di variazioni qualitative ipotetiche ma non hanno alcun rapporto con qualsiasi investigazione empirica di variazioni qualitative reali.
M. Clagett
Per quasi un secolo prima di Oresme i filosofi scolastici avevano discusso la quantificazione di "forme" variabili. Tali "forme" erano un concetto aristotelico (lo stesso Aristotele, parlando del tempo, aveva fatto ricorso a rappresentazioni geometriche del fenomeno) all'incirca equivalente a quello di qualità: per esempio la velocità di un oggetto in moto, la variazione di temperatura da un punto all'altro di un oggetto dotato di temperatura non uniforme.
Ma come variano le qualità?
Se la qualità varia in modo uniforme, tale variazione può essere rappresentata da un rettangolo
Ogni qualità uniformemente difforme terminata al grado zero è raffigurabile mediante un triangolo rettangolo
Ogni qualità uniformemente difforme terminata ad entrambi gli estremi a un qualche grado finito deve essere raffigurata mediante un quadrangolo aventi angoli retti alla base e gli altri due angoli disuguali
Ogni altra qualità si dice difformemente difforme e può essere raffigurata mediante figure altrimenti disposte, secondo molte e varie differenze
Eccone un esempio (parte III,7)
Ogni qualità uniformemente difforme è tanto grande quanta sarebbe la qualità dello stesso soggetto o di un soggetto uguale uniforme secondo il grado del punto medio dello stesso oggetto.
Dimostriamo quanto si è detto finora cominciando con la qualità lineare.
Sia dunque una qualità rappresentabile mediante il triangolo ABC (vedi sotto); si tratta di una qualità uniformemente difforme, terminata al grado zero nel punto B; sia inoltre D il punto di mezzo della linea del soggetto. Il grado o intensione di tale punto è rappresentato dalla linea DE. Una qualità che fosse uniforme per tutto il soggetto secondo il grado DE sarebbe dunque raffigurabile mediante il quadrangolo AFGB. È noto invero, per la ventiseiesima proposizione del primo libro di Euclide, che i due triangoli EFC ed EGB sono uguali. Quindi il triangolo maggiore BAC, che designa la qualità uniformemente difforme, e il quadrangolo AFGB, che designa la qualità uniforme secondo il grado del punto di mezzo, sono uguali. Quindi le qualità rappresentabili mediante tale triangolo e mediante tale quadrangolo sono uguali, come si voleva dimostrare.
Nello stesso modo si può argomentare per una qualità uniformemente difforme terminata ai due estremità un qualche grado finito, come potrebbe essere una qualità rappresentabile mediante il quadrangolo ABCD (vedi sotto); si tracci la linea DE, equidistante dalla base del soggetto e si formi il triangolo CED. Si tracci quindi, passando per il grado del punto di mezzo, la linea FG, uguale alla linea della base e da essa equidistante. Si tracci inoltre la linea GD. Si dimostrerà ora, come in precedenza, che il triangolo CED e il quadrangolo EFGD sono uguali. Essendo aggiunto ad entrambi il quadrangolo AEDB, saranno uguali anche i quadrangoli risultanti ACDB, che designa la qualità uniformemente difforme, e AFGB, che verrebbe a designare la qualità uniforme secondo il grado del punto di mezzo dello stesso soggetto AB.
Quindi le qualità designabili mediante tali quadrangoli sono uguali.
Oresme quindi come precursore di Cartesio?
Non proprio.
L’uso delle coordinate non era nuovo.
Già Apollonio, ed altri prima di lui, avevano utilizzato sistemi di coordinate simili.
La novità consiste ora nella rappresentazione grafica di una quantità variabile.
Intraprende uno studio matematico delle figure piane generate dalle rappresentazioni grafiche delle qualità. In pratica Oresme opera semplici trasformazioni geometriche, cercandovi delle proprietà invarianti, giungendo quindi ad una classificazione delle “curve”: primi vagiti della geometria analitica?
Oresme aveva intuito il principio essenziale che una funzione in una incognita può essere rappresentata da una curva.
Era interessato soprattutto all’area che si trova sotto la curva.
Per trovare questa area Oresme effettuava una semplice “integrazione”: probabilmente concepiva l’area come formata da moltissime linee verticali o “indivisibili” (nel caso del moto, la linea verticale poteva rappresentare una velocità che continuava per un intervallo di tempo brevissimo).
Di certo il Tractatus costituisce uno degli esempi più significativi di analisi quantitativa e raffigura al meglio il processo di matematizzazione della fisica che si attua durante il XIV secolo.
In che modo Descartes giunse alla rappresentazione di curve per mezzo di equazioni?
Non siamo in possesso di alcun resoconto autobiografico dello sviluppo delle sue idee su questo punto ma fu sicuramente determinante la scoperta dell'analogia tra operazioni su segmenti di linea e operazioni su numeri.
Il metodo utilizzato da Descartes, per esempio, di individuare due medi proporzionali tramite le sezioni coniche (parabola e cerchio), risalente probabilmente al 1620 (W. Shea La magia dei numeri e del moto), fu sempre taciuto dallo stesso.
Padre Mersenne: "Voglio qui aggiungere un modo geometrico di trovare i medi proporzionali che si appoggia solo sulla parabola. E' stato scoperto da una delle menti migliori viventi ora, un uomo la cui modestia è così grande che non vuole far conoscere la sua identità".
Il Libro I della Géométrie presenta dettagliate istruzioni sul modo di risolvere equazioni di secondo grado, non nel senso algebrico degli antichi Babilonesi, ma geometricamente, un po' alla maniera degli antichi Greci.
Per risolvere per esempio l'equazione z^2=2az+b^2 (y=x^2-2ax-b^2), Descartes procedeva nel modo seguente.
Tracciava un segmento LM di lunghezza b e da L innalzava un segmento NL uguale ad a e perpendicolare a LM. Con centro in N costruiva un cerchio di raggio a e tracciava la retta passante per M e N e intersecante il cerchio nei punti D e P: z(x)=DM era allora il segmento cercato (Descartes trascurava la radice PM dell'equazione perché era "falsa", cioè negativa).
Dopo avere mostrato come interpretare geometricamente le operazioni algebriche, Descartes, utilizzando il proprio metodo, si volgeva all'applicazione dell'algebra a determinati problemi geometrici.
Leibniz: "A proposito della Geometria di M. Descartes è bene sapere che fu M. Golius che diede occasione alla sua nascita e che contribuì ad introdurlo in questa scienza. Golius infatti era assai versato nello studio approfondito della Geometria degli Antichi che era stata come dimenticata. Siccome Descartes esaltava il suo metodo e la facilità con cui, utilizzandolo, risolveva i problemi, Golius gli segnalò il grande problema degli Antichi riportato da Pappo, che consiste in una certa enumerazione di linee curve... Descartes impiegò sei settimane a risolverlo e, trattandolo poi nella Géométrie, ne occupò quasi interamente il I libro... Io so ciò da M. Hardy, che tempo fa me lo ha raccontato a Parigi".
Cartesius, 1973 Roberto Rossellini
"Tutti i problemi di Geometria possono facilmente essere riportati a termini tali che poi, per costruirli, non c'è da conoscere che la lunghezza di alcune linee rette".
Questa la dichiarazione programmatica che si legge in apertura del I libro della Géométrie, dedicato ai "Problemi che si possono costruire usando solo cerchi e linee rette".
Per mostrare "a sufficienza" che non si tratta di una vana presunzione, Descartes comincia dal problema di Pappo che "nessuno degli Antichi aveva risolto": date in generale 2n rette, determinare il luogo di un punto tale che il prodotto delle sue distanze da n di tali rette stia in un determinato rapporto con il prodotto delle distanze del punto da n altre rette.
Pappo afferma che nel caso di tre o quattro rette, il luogo richiesto è una conica, ma osserva Descartes "non fa nulla poi per determinarla e descriverla", né tantomeno affronta il caso di un numero superiore di rette date.
Venendo concretamente alla risoluzione del problema, Descartes scrive:
"Siano AB, AD, EF, GH, parecchie linee date per posizione, e occorra trovare un punto, come C, dal quale, condotte su quelle date altre linee rette, come CB, CD, CF, CH, in modo che gli angoli CBA, CDA, CFE, CHG, siano dati e tali che il prodotto di una parte di queste linee sia uguale al prodotto delle rimanenti o che l'uno stia all'altro in un rapporto dato: ciò infatti non rende il problema per nulla più difficile.
Innanzitutto suppongo il problema come già risolto e per liberarmi dalla confusione di tutte queste linee, considero una delle rette date e una di quelle che bisogna trovare, per esempio AB e CB, come le principali, e a queste cerco così di riferire tutte le altre. Il segmento della linea AB, che sta tra i punti A e B, sia chiamato x, e BC sia chiamato y e siano poi prolungate tutte le altre linee date fino a che non intersechino queste due, pure prolungate, se necessario".
La comparsa di quelli che saranno detti gli assi cartesiani (qui obliqui fra loro, ma in seguito Descartes sarà più esplicito sulla maggiore semplicità che deriva dal considerarli ortogonali) attesta la differenza tra la geometria analitica cartesiana dalle tecniche degli Antichi.
Mentre per questi tutti i segmenti che compaiono nella figura sono pensati allo stesso modo, per Descartes la considerazione di alcune rette come date e altre incognite e la riduzione a queste ultime dei segmenti considerati, porta all'equazione della curva che descrive il luogo cercato.
"Poi, giacché tutti gli angoli del triangolo ARB sono dati, il rapporto tra i lati AB e BR è pure dato, e lo pongo come tra z e b; in tal modo AB essendo x, RB sarà bx/z e tutta la linea CR sarà y+bx/z in quanto il punto B cade tra C e R; infatti se R cadesse tra C e B, CB sarebbe y-bx/z, e seC cadesse tra B ed R, CR sarebbe -y+bx/z"
"Similmente i tre angoli del triangolo DRC sono dati, conseguentemente è dato anche il rapporto tra i lati CR e CD che pongo come tra z e c; in tal modo CR essendo y+bx/z, CD sarà cy/z + bcx/zz. Dopo ciò, giacché le rette AB, AD e EF sono date per posizione, la distanza tra i punti A ed E è pure data. Detta k tale distanza, si avrà EB uguale a k+x, ma sarebbe k-x se il punto B cadesse tra E ed A, e-k+x se E cadesse tra A e B.
E giacché gli angoli del triangolo ESB sono tutti dati, il rapporto tra BE e BS è pure dato, e lo pongo come tra z e d, cosicché BS è (dk+dx)/z, e tutta la linea CS è (zy+dh+dx)/z, ma sarebbe
(zy-dk-dx)/z, se C cadesse tra B e C, e sarebbe (-zy+dk+ds)/z, se C cadesse tra B e S.
Inoltre i tre angoli del triangolo FSC sono dati, e conseguentemente, è pure dato il rapporto tra CS e CF, che sia come tra z ed e; e tutta la linea CF sarà (ezy+dek+dex)/zz. Nello stesso modo, AG, che chiamo l, è data, e BG è l-x; e, a causa del triangolo BGT, il rapporto di BG a BT è pure dato, e sia come tra z ed f; BT sarà allora (fl-fx)/z, e CT=(zy+fl-fx)/z.
Poi, di nuovo,essendo dato, a causa del triangolo TCH, il rapporto tra CT e CH, rapporto che poniamo come tra z e g, avremo CH=+/gzy+fgl-fgx)/zz".
"E così vedete che qualunque sia il numero delle linee date per posizione, tutte quelle tracciate sopra dal punto C secondo angoli dati, e conformemente al contenuto del problema, possono sempre venire espresse una per una da tre termini, di cui uno è la quantità ignota y, moltiplicata o divisa, da qualche altra nota, un altro la quantità incognita x pure moltiplicata o divisa da qualche altra nota, il terzo, infine, una quantità interamente nota".
Moltiplicando queste espressioni si ottiene un'equazione il cui grado dipende dalle linee (nel caso di quattro linee, l'equazione è di secondo grado). Descartes riteneva che la curva rappresentata fosse il luogo geometrico di C.
Ma scrivere l'equazione non basta a risolvere il problema di Pappo.
Occorre ancora trovare la curva, cioè costruirla.
Il metodo di Descartes consisteva nella scelta di un valore arbitrario per y (BC) e nella costruzione geometrica del corrispondente valore di x. Iterando il procedimento e scegliendo ogni volta valori diversi per y, individuava sul luogo quanti punti voleva.
Ricostruzione con GeoGebra del problema di Pappo (in questo caso le coniche sono due iperboli) eseguita dallo spagnolo Mathmagic.
Mentre i matematici in seguito avrebbero considerato le curve così costruite come puri e semplici luoghi geometrici, definiti quindi da una equazione, Descartes, ancora plagiato dalla sua concezione tradizionalistica della geometria, intesa come costruzione (con un unico movimento continuo) di un problema, non definì mai le curve geometriche come oggetti dotati di equazioni algebriche.
La Geometrie, che ricordiamo è un'appendice del Discorso sul metodo (Leida 1636), è dedicata quasi per intero ad una sistematica applicazione dell'algebra alla geometria e della geometria all'algebra.
Nel trattato vi è ben poco che assomigli alla geometria analitica così come è solitamente concepita oggi.
Infatti:
non viene fatto uso sistematico di coordinate ortogonali
non vi è alcuna formula per la distanza o per l'inclinazione
non compare una sola nuova curva tracciata direttamente a partire dalla sua equazione
non fece mai uso di ascisse negative
tutta la simbologia moderna relativa alla geometria analitica la dobbiamo invece a Newton.
Bibliografia
Opere Scientifiche di René Descartes Classici UTET 1983
La magia dei numeri e del moto William R. Shea, Bollati Boringhieri 1991
Storia della Scienza (a cura di Paolo Rossi): Curve e equazioni Umberto Bottazzini, UTET 1988
La scienza della Meccanica nel Medioevo (Doc. 6.1: Tractatus de configurationibus qualitatum) Marshall Clagett, Feltrinelli 1981
Storia della Matematica Carl B. Boyer Oscar Mondadori, 1980
Tractatus de configurationibus qualitatum et motuum Nicole Oresme, ca. 1370 (Traduction de larges extraits en français avec commentaire par Pierre Souffrin et Jean-Pierre Weiss dans le livre : P. Souffrin et A. Ph. Segonds (dir.), Nicolas Oresme. Tradition et innovation chez un intellectuel du XIVe siècle, Paris, Les Belles Lettres, 1988, p. 135-144)
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