No, non si tratta della Commedia, ma della "proportione": De divina proportione.
È una fresca serata di fine agosto 1499.
A Milano, seduti ad una locanda, Fra Luca Pacioli, Leonardo da Vinci e l’allievo pittore Cesare da Sesto, discutono sul da farsi.
Pochi giorni prima Ludovico il Moro è fuggito dalla città, assediata dalle truppe del re di Francia Luigi XII, e si sta conducendo a Innsbruck, alla ricerca di nuovi possibili alleati, presso la corte dell’imperatore Massimiliano d’Asburgo.
I due amici e l'allievo di Leonardo discutono sul loro futuro e tra un boccale di vino e le imprecazioni per la possibile caduta, a breve, della città (fatto che effettivamente avvenne il 2 settembre dello stesso anno) prendono una decisione: il frate francescano e Leonardo si recheranno a Mantova alla corte di Isabella d’Este, alla ricerca di nuovi mecenati e nuove commissioni.
Cesare da Sesto invece tornerà dapprima nella natìa Sesto Calende, dove qualche anno dopo, nell'Abbazia, completerà, datandolo, il "buon fresco" relativo alla "Disputa di Santa Caterina con i filosofi" (1503) e in seguito scenderà nell’Italia del Sud, con prima tappa Roma.
Fra Luca Pacioli, nato a San Sepolcro nel 1445, aveva raggiunto Milano tre anni prima.
Probabilmente lo stesso Leonardo aveva suggerito al Duca di invitare il matematico presso la corte.
Un’amicizia, la loro, entrambi toscani, approfondita nel tempo, che li aveva portati a collaborare nella stesura di un Trattato scritto dal Pacioli: il De divina proportione.
Il frate minore aveva chiesto a Leonardo di disegnare le tavole dei corpi geometrici, rappresentati una volta in solido e l'altra "vacui", tavole che avevano contribuito ad arricchire il testo.
Pacioli commissionò tre copie manoscritte del trattato: ne regalò una copia con dedica a Ludovico il Moro, oggi conservata alla Biblioteca di Ginevra, una a Galeazzo Sanseverino, generale del Duca e patrono del Pacioli, oggi all’Ambrosiana a Milano e della terza se ne sono perse le tracce.
Dopo Mantova ritroviamo Leonardo e Pacioli a Venezia e a Firenze; Fra Luca lo ritroviamo a Venezia nel corso del 1508, e ancora nel 1509 dove prese la decisione di dare alle stampe il Trattato. La copia anastatica in mio possesso (originale conservato presso la Public Library di Boston) riporta in prima pagina il riferimento allo stampatore di Venezia: Paganino Paganini.
Il De divina proportione è un Trattato sulla sezione aurea e sulle sue applicazioni, ma non solo, ed è dedicata a Pietro Soderino, Confaloniere della Repubblica Fiorentina.
Pacioli così la definisce in prima:
“Opera a tutti gli ingegni perspicaci e curiosi necessaria; ove ciascun studioso di filosofia, prospettiva, pittura, scultura, architettura, musica e altre matematiche conseguirà soavissima, sottile e mirabile dottrina e si diletterà con varie questioni di segretissima scienza”.
Sul retro della prima è riportato un sonetto dell’Autore, in cui si descrivono i cinque poliedri regolari platonici.
A seguire il Pacioli riporta un compendio per meglio facilitare la ricerca dei vari capitoli.
Compendio che viene introdotto in questo modo:
“Tavola della presente opera e utilissimo compendio detto della Divina proportione dalle discipline matematiche.
Composto dal Reverendo padre di sacra teologia, professore M. Luca Pacioli del borgo San Sepolcro, dell’Ordine dei Minori, all’ eccellentissimo e potentissimo principe Ludovico Ma. Sfor. Anglo. Duca di Milano”.
Struttura del Trattato
Prima sezione
Si definisce quindi la struttura del Trattato: una prima sezione, con dedica a Ludovico il Moro, costituita da 71 capitoli in cui si parla della ragione aurea, oggi sezione aurea, e dei poliedri regolari,
Nella prefazione della prima sezione Pacioli cita gli illustri ingegni incontrati presso la corte del Duca, che ne costituiscono gran decoro, e nomina tra questi Leonardo Da Vinci "Nostro compatriota fiorentino, qual de scultura getto e pittura, per ciò che ciascuno verifica il cognome, come l'ammirata e stupenda statua equestre... dedicata alla vostra paterna memoria".
Segue una "storia" della matematica, tessendone gli elogi, introdotta dalla locuzione latina "Quod nihil est in intellectu... prius fit in sensu".
Ricorda che le discipline matematiche sono estese alla Aritmetica, Geometria, Astrologia, Musica, Prospettiva, Architettura e Cosmografia.
Sempre facendo riferimento agli Elementi di Euclide, nel capitolo V finalmente tratta della divina proporzione, già nota ai pitagorici, "Divina, perchè come nella divinità, una medesima sostanza "sia" fra tre persone, padre, figlio e spirito santo, così una medesima proporzione dello stesso tipo si trova fra tre termini e mai, né in più né in meno, si può ritrovare.
Inoltre così come il sommo Dio propriamente non si può definire, né per parole a noi intendere, così questa nostra proporzione non si può mai per numero intendibile assegnare, né per quantità alcuna razionale esprimere, ma sempre sia occulta e secreta e dai Matematici chiamata irrazionale".
A questo punto riporta le conoscenze relative alla proporzionalità che noi oggi definiamo "continua": i medi sono uguali.
"Siano tre quantità del medesimo genere: la prima sia a e sia 9 per numero, la seconda b e sia 6, la terza c e sia 4. Dico che tra loro siano due proporzioni (rapporti): l'una dalla a alla b, cioè dal 9 al 6 e ancora dalla seconda b alla terza c e cioè dal b al 4.
Dico similmente la nostra divina osservare le medesime condizioni, cioè che sempre fra i suoi tre termini, cioè mezzo e doi estremi, invariabilmente contiene due proporzioni, sempre della medesima denominazione. Per la qual cosa è da sapere che il prodotto del menore estremo nel congionto del minore e medio, sia eguale al quadrato del medio".
Nel capitolo VIII:
"Dobbiamo sapere che dividendo una quantità in due parti disuguali come si è detto sopra, il prodotto della menore per tutta detta quantità indivisa sia quanto il quadrato della maggior parte.
Verbi gratia, chi dicesse: "Fammi del 10 doi tal parti che multiplicata l'una per 10 faccia quanto l'altra multiplicata in sé medesima... se troverà soluto l'una parte cioè la menore, esser 15 meno Radice 125 e l'altra maggiore sia Radice 125 meno 5".
Definizione moderna
La Sezione Aurea è un rapporto tra due grandezze disuguali a e b dove la maggiore a è medio proporzionale tra la minore b e la somma delle due a+b.
Seguono alcuni capitoli dedicati ai poligoni regolari e alla relazione tra il loro lato e il diametro del cerchio circoscritto.
Per esempio il Capitolo XVIII è dedicato al pentagono regolare.
CF, medio proporzionale fra la diagonale AC del pentagono regolare e la minore parte FA, "dico sia lato de dicto petagono apoto" (apotemato).
Dal capitolo XXIIII in poi fra Luca Pacioli riferisce sulla costruzione dei 5 poliedri regolari, dimostra che non ne possono esistere più di cinque e attesta quali sono gli effetti della divina proporzione su questi corpi geometrici e in particolare tratta la relazione fra il lato del poliedro e il diametro della sfera circoscritta.
Si sofferma sull'inclusione dei 5 corpi regolari, uno nell'altro (duali) e su come ricavare il diametro della sfera inscritta in ciascuno di essi.
Infine dal capitolo XLVIII considera come costruire i vari poliedri solidi, vacui, recisi, la sfera, cilindri, colonne (prismi) e piramidi.
Cita Platone e la corrispondenza fra i 4 elementi naturali, terra, aria, acqua, fuoco, con il cubo, l'ottaedro, il tetraedro, l'icosaedro e l'Universo (l'etere) con il dodecaedro.
Alla fine della prima sezione del Trattato, Pacioli scrive:
“Finito adì 14 dicembre in Milano Mccccxcvii”
A seguire le 61 tavole dei poliedri regolari e loro derivati, illustrate da Leonardo.
Vigintisex basium planum solidum/vacuum (Rombicubottaedro)
Seconda sezione
Segue una seconda sezione, dedicata tra l'altro ai "Compagni del borgo San Sepolcro degni lapicidi de scultura", costituita da 20 capitoli in cui il Pacioli sembra riconoscere la presenza di un principio di bellezza nella ragione aurea applicata al corpo umano, all'architettura e persino nelle lettere capitali dell’alfabeto latino, delle quali ne propone la costruzione con riga e compasso.
""Della mesura e proportioni del corpo humano, della testa e altri suoi membri simulacro de la architectura".
Lettera capitale M (su questa lettera si basa il famoso logo del Metropolitan Museum of Art di New York)
Terza sezione
Infine nella terza sezione dedicata a Pietro Soderino, si trova la traduzione in volgare del “De quinque Corporibus Regularibus” di Piero della Francesca.
Questa sezione è divisa in ulteriori tre parti: problemi di geometria piana, esercizi relativi ai 5 poliedri regolari e l'ultima parte riferita a poliedri inscritti in altri poliedri e dei poliedri irregolari.
Pacioli però non cita l’Autore e ciò fu causa di accuse di plagio che già il Vasari rendeva pubbliche nel suo “Vite de’ più eccellenti pittori...”, a proposito di Piero della Francesca:
“E bene spesso avviene che lasciandole a poco meno che finite o a buon termine, sono usurpate dalla presunzione di coloro che cercano di ricoprire la loro pelle d’asino con le onorate spoglie del leone”.
Pur ammesso che in quei secoli il plagio fosse considerato come lo valutiamo oggi, rimane il fatto che una grande amicizia esisteva tra Luca Pacioli e Piero della Francesca.
A dimostrazione di ciò riporto la Pala di Brera.
Il Pacioli è raffigurato da Piero della Francesca nella Pala di Brera (1472?): se ne intravvede la testa, rappresentante San Pietro Martire, a destra della Pala, fra altri due santi.
Il ritratto 1495
Attribuito a Jacopo de' Barbari, Museo di Capodimonte: sospeso a sinistra di Fra Luca Pacioli, per noi che osserviamo, un rombicubottaedro, uno dei 13 poliedri archimedei, di vetro contenente acqua, mentre alla sua destra appoggiato sopra un cofanetto è raffigurato un dodecaedro in legno.
Notare la mosca che si posa sopra l'ultima cifra della datazione: quale il significato?
Bibliografia
De divina proportione Fra Luca Pacioli Paganino Paganini Venezia 1509
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